17 e 24 novembre 2013 – Aria Libera, cosa c’era?

IMG_0369Il 17 e il 24 novembre 2013 ci siamo detti che la Fattoria della Legalità è un luogo magico. Abbiamo vissuto una di quelle esperienze che ci fanno sentire forte il senso di quello che stiamo facendo lì.

Nessuna parola e nessuna fotografia potranno mai rendere le emozioni che abbiamo condiviso, ma è doveroso, da parte nostra, provarci comunque, raccontandovi quel che c’è stato.

 

C’erano i soliti, quelli che alla Fattoria ci vanno, di tanto in tanto, per respirarne l’aria, un’aria che lì ci sembra più Libera… Filiberto, Catia, Simona, il Sindaco, Teresa, Barbara…. E pensi all’antipolitica, e pensi a quelli che vorrebbero abolire i sindacati, quelli che dicono che tanto sono tutti uguali. E pensi che vorresti portali qui, alla Fattoria a passare qualche giornata con queste persone, a vivere sulla propria pelle che non sono per niente tutti uguali.

 

Poi c’erano gli scout CNGEI e FSE, che forse per la prima volta si sono mescolati nel fango della fattoria, sporcandosi insieme le mani e gli scarponi per piantare alberelli e poi, raccontandosi e raccontandoci che cosa è, per loro, la legalità. Sono stati qui a dirci che lo scoutismo è fatto anche di questo, del servizio per la comunità in cui si vive, della scoperta e della cura di valori che possono essere contagiosi. Sono qui a dirci che un mondo migliore non bisogna solo pretenderlo, ma costruirlo giorno per giorno, anche piantando un ulivo o cuocendo la pasta.

 

Poi c’era un oliveto, tempo fa, sul dorso di una collina. Alberi adulti, che ne hanno viste di cose accadere. C’era, appunto, perchè un giorno è sparito nel nulla, inghiottito dall’avidità, forse seppellito da strati di illegalità che si sono sovrapposti ad altri strati. Perchè il sopruso è contagioso. Ma è contagiosa anche la cultura dei diritti. Così, se l’oliveto c’era e non c’è più, se ne può sempre piantare un altro, affidando alla longevità di queste piante la memoria di braccia tese e coltivare i frutti della legalità.

 

Poi c’erano Mario e Gabriella, che ci hanno ricordato che le mafie uccidono. A volte ti uccidono anche per errore. Avevi un figlio, un nipote, un fratello, un padre…. e in un attimo, magari per errore, non ce l’hai più. E per questo, anche per questo, bisogna fermarle. E Mario ci ha ricordato anche che ha fatto per 15 anni il poliziotto, e dopo 15 anni paga l’affitto, e può guardare la moglie ed i figli a testa alta. E può venire qui, alla Fattoria, a guardare con affetto questi ragazzi con le scarpe infangate. E lo sappiano noi, qui alla Fattoria, che non è scontato, che non è sempre così, perchè a volte legge e giustizia non vanno a braccetto, e basta chiudere un occhio, o pure peggio, e l’affitto non lo devi pagare più, perchè i soldi per comprare la casa te li danno loro, che mentre chiudi un occhio fanno quello che vogliono, quello che tu, anche in nome di quei ragazzi infangati, dovresti impedire. Ma Mario è qui, con Gabriella, e con lo spirito di Attilio, e la magia di questo posto è un po’ anche la loro.

 

E poi sono tornati un po’ dei ragazzi del campo di questa estate. Perchè la Fattoria è come l’Africa, una volta che ci vai non puoi fare a meno di tornarci. E ogni volta che ci torni ti riempi i polmoni di quell’aria un po’ più libera e profumata. Perchè lo sai che lì l’aria non era buona, e quel cattivo odore, anche tu, con gli altri, insieme, hai contribuito a mandarlo via. I giovani, senti dire, non credono più a niente… e allora venite, signori, qui alla Fattoria, e guardateli negli occhi questi giovani che non credono più in niente. E se avrete il coraggio di farlo, di sostenere quello sguardo, forse capirete che sono gli esempi che cambiano il mondo, e che l’esempio è responsabilità di ciascuno… e che forse, noi un po’ più gradi, non abbiamo sempre dato gli esempi migliori. Ma loro sì, questi ragazzi, in Fattoria, gli esempi sanno darli, anche a voi, anche a noi…

 

E poi c’è stato un gruppo di giovani artisti. Gli abbiamo raccontato che c’era una casa, e che quella casa non era bella, ma poi, tanti ragazzi come loro l’hanno resa un posto magico. E in quella casa c’era un muro che la separava dal resto del mondo, perchè la paura alza recinti. Ma i recinti si possono abbattere, oppure, si possono colorare, trasformandoli in libri, in storie pesanti e leggere ad un tempo, di quelle storie che una volta sentite, lette, o viste dipinte su un muro, ti rimangono un po’ dentro, e si mischiano con la tua, e ti accompagnano. I giovani artisti poi sono andati, ma torneranno con un baule pieno di talento, pennelli e vernici, e quel muro non sarà più un muro, ma un libro che racconta. E non sarà che l’inizio di un altro rivolo della storia di questo posto magico, che è qui, tra queste colline, ma è anche in tanti altri luoghi, perchè se ci hai messo un po’ di te, lei, la Fattoria, lascia un po’ di sé tra le dita delle tue mani, tra i capelli, nelle tasche, come la sabbia del mare d’inverno portata dalla brezza leggera e pungente del mattino.

 

E poi c’era un cancello con le iniziali del nome del mafioso. E c’era Filiberto che quelle due lettere le ha segate via, e c’era il compagno, di cui non ricordo il nome, che con le mani di chi sa fare lavori antichi ha forgiato lettere nuove. E ora, lì, sul cancello campeggiano, candide, la F e la L della nostra Fattoria. I cambiamenti, quelli grandi come quelli piccoli, hanno bisogno anche di questi gesti, di statue che cadono, di muri abbattuti, di prese della Bastiglia.

 

Poi c’era Laura che queste giornate le ha organizzate, con la sua forza delicata, con gentilezza determinata, perchè sa che è il vento a spingere le navi, ma servono vele per raccoglierlo, e corde per tirarle, e braccia forti per muoverle, e timoni, e timonieri, e marinai, e stelle ad indicare la via…

E Diego, che le sta accanto, come il domatore di tigri, sapendo che non sarà la frusta a vincerla e tanto meno la paura, ma la capacità di danzarci assieme appoggiandosi l’un l’altro.

 

E soprattutto c’erano loro, persone che hanno commesso qualche errore di troppo. Ma che quelli errori li stanno pagando, e non è sempre così. Non tutti pagano i propri errori, a volte li fanno pagar ad altri. Sono qui con tutti gli altri a respirare l’aria libera della Fattoria. Anche loro ad infangarsi le scarpe, a schizzarsi di vernice fresca, a sbucciare patate per il pranzo. E ci ringraziano perchè sono stati bene e si sono sentiti normali, guardate come persone, e non come carcerati in permesso. E diversamente non potrebbe essere perchè la legalità non è un arido confine tra il bene e il male, non è un muro che separa i giusti dagli ingiusti. La legalità è una strada su cui tutti possono decidere di camminare, da qualunque posto vieni, qualunque storia ti porti dentro. Le legalità, ci dicono, è un progetto di vita, di chi paga i suoi errori e vorrebbe ricominciare. Grazie, ci dicono. Lo dicono soprattutto ai giovani perchè con il loro impegno indicano la strada, la possibilità, una speranza. Ma i ragazzi, con gli occhi un po’ lucidi, ringraziano a loro volta, perchè la sincera voglia di ricominciare di chi ha commesso degli errori vale molto più di qualunque chiacchiera astratta sul bene e sul male. Che non è dai consigli e dalle prediche che si impara, ma dagli errori, soprattutto dai propri, ma anche da quelli degli altri.

 

E poi c’era Monia, e prima di Monia il suo sorriso, e l’energia che arriva prima ancora. Ed i suoi occhi che sanno guardare oltre, al di là delle scorze che a volte ci crescono sulla pelle, al di là dei muri che si innalzano attorno. Occhi rari, che cercano la luce anche nel buio più profondo, e che quando la trovano la fanno brillare un po’ di più, e poi ancora, e ancora un po’, finchè ti accorgi che le cose prendono forma, dapprima ombre indefinite, poi volti, e sogni, e speranze. E allora tutto cambia, perchè spesso sono gli occhi degli altri a farci diventare quel che siamo, nel bene e nel male. E gli occhi di Monia sono un altro pezzetto di magia regalato alla nostra Fattoria.

 

E poi c’era tanto altro, una grande tavola imbandita, un braciere fumate e qualche bottiglia di vino, guanti e attrezzi da lavoro, e pioggia, e freddo, ma non lo sentivi, perchè la Fattoria riscalda il sangue nelle vene. E amici che sono venuti a mangiare con noi perchè avevamo cucinato troppa roba. E il caffè del commercio equo e solidale, e piatti biodegradabili, e la raccolta differenziata, perchè alla Fattoria cerchiamo di far tutto il meglio che si può… e altro, e altro e altro ancora, che a raccontarlo non di finirebbe mai. Perciò, ci fermiamo qui e speriamo per voi che nelle tante altre occasioni che ci saranno potrete venire a scambiare un po’ di magia con la Fattoria della Legalità.

 

Michele Altomeni

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