Lettere e poesie scritte a mano: studenti e volontari raccontano la loro esperienza nel campo di Isola del Piano

WP_20150723_11_03_48_ProC’è chi come Stefania ricorda le persone «fantastiche», grazie alle quali «ha imparato il valore delle parole legalità, uguaglianza amicizia». Chi invece come Giulia, riflette sulla parola uguaglianza, che pur nelle differenze, ha vissuto all’interno del campo: «nessuno si sente né superiore né inferiore rispetto agli altri, tutti aiutano tutti, tutti rispettano tutti». Chi come Angelica, sopra le note dei Jefferson Airplane, parla di crescita personale, stanchezza ma anche tanta allegria. Raffaele, invece, si affida a una poesia scherzosa quanto impegnata. Ecco le testimonianze dei ragazzi di Isola.

« Grazie a questa esperienza ho imparato il valore della parola legalità, uguaglianza e amicizia. Le persone che mi hanno accompagnato in questa settimana sono fantastiche. Ognuna di loro ha lasciato un segno per rendere meraviglioso e unico questo campo. Abbiamo voluto riportare allo splendore un bene confiscato alla mafia e abbiamo capito che tutti insieme possiamo fare grandi cose».
Stefania, 17 anniUGUAGLIANZA; uno dei diritti inalienabili dell’uomo, con questa parola voglio nominare questo campo, questa settimana, perché è vero, abbiamo ciascuno caratteristiche diverse: chi suona la chitarra, chi dipinge, chi scrive, chi va in moto, tutti, ma proprio tutti, ci differenziamo, ma sostanzialmente siamo tutti uguali, nessuno si sente né superiore né inferiore rispetto agli altri, tutti aiutano tutti, tutti rispettano tutti, tutti legano con tutti senza alcuna distinzione; penso che in un campo non debba esserci solamente l’affronto di tematiche, lo stare insieme, il lavorare e fare del bene, ma anche l’essere uguali, equi, in parallelo con gli altri.
Giulia, 17 anni

Sotto le note dei Jefferson Airplain scrivo queste righe, sulla veranda che forse cadrà perché non è in regola (sperando che non succeda con me sopra), guardando un po’ perplessa il bruttissimo tendone davanti ai miei occhi, una raccolta di risate, emozioni, cultura, stanchezza e allegria. Non è semplice riportare su un foglio bianco la conclusione dei pensieri avuti in una settimana così bella e così piena, appunto perché avrei da dire solo cose positive per così cadere nel banale.
Forse la prima parola ch mi viene in mente è ‘crescita’, una crescita personale dovuta alle persone magnifiche che mi sono trovata intorno in questo campo, persone di valore da cui ho ricavato molto e mi auguro anche d’incontrarne sempre così durante il mio percorso.
Mi sento in dovere di dire un grazie speciale a tutti, ma soprattutto ai formatori, che sono stati ovviamente la colonna portante, sempre gentili e attivi pur avendo dormito una media di tre ore a notte. Questa è una di quelle esperienze che mi porterò dietro per sempre. Potete essere fieri del vostro lavoro. Alla prossima!

Angelica, 18 anni

RAGIONI (poesia)

La luce del pomeriggio si riflette
Su un cucchiaio lasciato solo, in stallo,
Posato su un tavolo giallo,
zeppo di sottili graffi e lineette

Nel crepuscolo della prima sera,
Un operaio arriva e poggia il suo attrezzo sul tavolo,
Stanco, dopo una giornata oltrepassata come il volo,
Si rifocilla con pensieri simili a primavera,
Osservando con grande compiacenza
Quei due oggetti e i graffi
Mentre distrattamente si tocca i baffi
E, ad un tratto, arriva in lui una luminescenza:
Quegli elementi scarni messi assieme,
Gli ricordano una bandiera militante,
Che svolazza nel giardino, eclatante
Per la speranza e la lotta di un nuovo insieme.

Raffaele, 27 anni

Scrive Marco: «Tanto impegno e poco sonno. Ma si sa, i frutti della legalità hanno bisogno della costanza per crescere». Il paragone di Martina: «la Fattoria della Legalità è come l’arcobaleno, un disastro della mafia che diventa luce quando incontra l’antimafia». S. accosta il duro lavoro nei campi alla lotta alla mafia: «Ho estirpato erbacce cresciute indisturbate sopra le radici e il tronco degli ulivi…quasi fosse una metafora: estirpare l’erba cattiva dagli alberi della società, dell’Italia».

In questo mio secondo campo Antimafie dello SPI alla Fattoria di Isola del Piano davvero non è mancato nulla, neanche i risvegli accompagnati dalla musica classica, per ferma volontà di uno dei campisti. Di musica, di lavoro, di sudore e di caldo ne abbiamo avuto in abbondanza, l’unica cosa che è mancata è il sonno, ma si sa, i frutti della legalità chiedono un grande lavoro per crescere costante, continua e minuziosa. Per questo abbiamo avuto sei giorni davvero intensi e coinvolgenti nei quali abbiamo discusso e riflettuto molto tra noi e con le persone che abbiamo incontrato; il sindaco di Isola del Piano che ci ha parlato della storia di questo bene confiscato, i sindacalisti che ci hanno parlato dell’importanza del lavoro come diritto e di come nn posa esservi dignità senza lavoro o in condizioni di lavoro precario, ricattato o inquinato dalla prepotenza e dalla minaccia mafiosa. Ampio spazio è stato dato anche ai temi dell’immigrazione, con la visone di documentari, con dibattiti e con un toccante incontro con un gruppo di richiedenti asilo.
Il lavoro è tanto, l’impegno profuso è molto, la strada da fare è lunga, ma alla fine di questa bella settimana trascorsa insieme posso solo dire che tutto ciò che è cambiato in me e in questo bene ha solo aspetti positivi e di arricchimento.

Marco, 29 anni

Penso che tutti abbiano visto nella loro vita, almeno una volta, la bellezza dell’arcobaleno, questo però può avvenire solamente quando pioggia e sole si incontrano.
Ecco, secondo me, la Fattoria della Legalità è proprio l’arcobaleno, un disastro della mafia che diventa luce quando incontra l’antimafia.
Questo è quello che io , insieme agli altri ragazzi che hanno partecipato al campo, abbiamo cercato di fare questa settimana: combattere la pioggia, ovvero la mafia, con la luce emergente di tutte le piccole cose che fatte insieme diventano capo valori.
Quando ho scelto di partecipare al campo non sapevo benissimo cosa aspettarmi, ora, alla fine di questa settimana, credo che qualsiasi cosa mi sarei potuta immaginare non sarebbe stata abbastanza perché qui mi sono trovata in una grande famiglia felice e ho imparato davvero tantissime cose sia dal punto formativo, grazie agli incontri e alle chiacchierate con gli altri, sia da quello manuale durante i lavori svolti.
Un insegnamento, però, più degli altri mi porterò dietro da questa esperienza: si può cambiare, si può migliorare il nostro mondo, per fare questo però ci vuole coraggio e soprattutto impegno. Tutti dobbiamo sentirci responsabili di far emergere la luce e dar vita all’arcobaleno.

Martina, 17 anni

A me piacciono molto le parole. Amo le parole usate per la poesia, impiegate per esplicare un dolore. Queste fanno parte della mia normalità e formano quasi una seconda pelle su di me. Al contrario, parole appartenentir a discorsi inerenti al tema della mafia, non scivoleranno mai su di me:producono come una scarica elettrica, un impulso che completa la funzione della parola…. Quello di agire, insomma. C’è stato un momento quest’anno in cui ho sentito che il tempo delle parole era finito. Mi sono trovata perciò in questo campo, a far nascere qualcosa di diversamente nuovo, nel bene confiscato di Isola del Piano. Quest’esperienza mi ha insegnato che non è vero che le persone sono tutte uguali,ma c’è gente brava che ispira e che aiuta altra gente. Ci sono state testimonianze importanti, come quella degli zii della vittima innocente di mafia, Attilio Romanò. Quanto amore nei lo occhi: un uomo che ha dedicato la sua vita allo stato, alla legalità. Così immerso nel suo dovere, così speranzoso che le cose potessero cambiare. “ Svegliate le coscienze ovunque” annuncia, affinché nessuna vittima della criminalità sia non sia morta invano- A Isola del Piano abbiamo vissuto nella casa del ‘mafioso’…una casa ‘mafiosa’ diventa la fattoria della legalità. Quale miglior simbolo Quale migliore visione di quella di ragazzi che lavorano sotto il sole consapevoli che in unna settimana non si cambia il mondo, ma si può cambiare il modo di pensare della gente… questo equivale a sottrarre ipotetici collusi o corrotti alla mafia. Una delle tante attività manuali che ho svolto, e che mi ha colpito è stata quella del giardinaggio. Estirpare le erbacce cresciute indisturbate sopra le radici e il tronco degli ulivi…quasi fosse una metafora: estirpare l’erba cattiva dagli alberi della società, dell’Italia. In molti casi, la criminalità organizzata sembra un tutt’uno con lo Stato…inestirpabile…e, in effetti, le radici malsane sembrano far parte e soffocare quelle sane dell’ulivo. Ma poi, basta un colpo secco, senza mezze misure, e l’erba cattiva va via, lasciando l’albero respirare, crescere forte. L’erba cattiva cresce facilmente, e non velocemente, quasi che non te ne accorgi. E se siamo ciechi, e non vogliamo vedere, questa erba cresce. Affonda le radici divorando tutto, e non vogliamo vedere, questa erba cresce. Affonda le radici divorando tutto, e ciò che resta sono olive immangiabili. Ma non c’è solo un olivo nel campo. Ce ne sono molti… e non credo che possiamo permetterci di mandare in malore il nostro campo, la nostra Italia, solo perché magari, l’olio vicino alla nostra casa presenta meno erbacce di quelle degli altri (che poi è tutto relativo. Se c’è una cosa che ho capito da questo campo è che alcuni ulivi hanno erbe sotterranee che succiano la linfa mentre si pensa che vada tutto bene).
Questo campo è uno dei tanti passi che porta a una presa di coscienza si ciò che esiste, anche se non lo vediamo. È un passo per dimostrare che noi ci siamo e non siamo pochi. Determinati a non dimenticare che noi ci siamo e non siamo pochi. Determinati a non dimenticare ciò che i padri hanno fatto per noi, sentendoci vicini. Dipinti nel nostro cuore, e nelle nostre menti, così come sono dipinti nel muro che costeggia questo bene. Li guardiamo ricostruire ciò che è stato distrutto. Ispirandoci tutte le mattine del nostro avvenire. Anche quando il campo sarà finito.

S., 18 anni

Caro amico,
ti vorrei parlare delle notti in bianco dai lunghi sbadigli, degli incontri e anche degli occhi lucidi.
Ti vorrei far vivere le fatiche delle albe troppo vicine, delle occhiaie profonde, dei lunghi abbracci.
Ti vorrei far ascoltare le uscite più chiassose e le canzoni cantate a squarciagola fino a perdere la voce sotto la luce foca della luna accompagnati da una chitarra.
Ti vorrei raccontare delle mani sporche, delle docce a cielo aperte e dell’incredibile atmosfera che ho respirato qui.
Ti vorrei mostrare la tristezza di un arrivederci e le dediche sul corpo. Ti vorrei far provare la gioia e l’entusiasmo dell’arrivo e la consapevolezza che questo viaggio avrà una fine.
Quando questa giunge senti di far parte di qualcosa, sì, far parte di un gruppo! Questo è stato per me il campo “Coltivare i frutti della legalità”.
B., 19 anni

Non so cosa scrivere,
sul serio, non lo so.
Vorrei avere qualcosa sulla mafia, sul serio, vorrei.
E ce ne sarebbero da dirne.
Ma come faccio?
Ma come fai tu?
Ho partecipato a questo campo legalità
E l’ho scelto e l’ho voluto e ci ho sperato.
Così mi hanno spiegato che ce n’è da dirne,
a sono anche contenta,
al di là di tutto,
sul serio, lo sono.
Ma come fai tu?
Che lo scrivi sui muri, che pure lo tiri in faccia alla gente che ti fa schifo,
che la mafia ti fa schifo.
Un po’mi hanno smontata e un po’ mi hanno costruita.
Ma sono una torre di lego e se mi minacciano crollo.
Tu dici che crollo?

No, magari non crollo

Lavinia, 16 anni

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